lunedì 25 marzo 2019

Spesa pubblica: bene o male?

Per chi se lo fosse perso, qui (1) avevo detto un paio di cose sul tema austerità, debito pubblico e deficit…oggi invece vorrei dire due parole sulla spesa pubblica… 

Un Paese diligente opera con una politica fiscale cosiddetta contro-ciclica, ovvero risparmia nei periodi di vacche grasse e spende (anche a deficit!) durante le crisi… 

L’Italia al contrario è sempre (a prescindere dal ciclo economico!) stata spendacciona in modo sbagliato, sia quantitativamente, regalandoci quell’enorme debito pubblico che abbiamo sulle spalle, che qualitativamente, ovvero senza impegnarsi per serie riforme strutturali che garantiscono una crescita nel tempo… 

Il risultato è che il nostro Paese ha un alto debito e cresce molto poco (debito/PIL>130%), pertanto è esposto a shock esterni: senza tirare in ballo scenari apocalittici, un esempio palese lo viviamo già oggi, in un contesto di rallentamento globale noi siamo entrati immediatamente in recessione… 

Di conseguenza, dobbiamo trovare il modo di mettere in ordine i conti pubblici e contemporaneamente tornare a crescere...e la domanda che sorge spontanea è: come conciliare la disciplina di bilancio con la crescita? 

La Politica tradizionale, con la sua sciocca ottica a breve termine, ci ha abituati all’idea opposta, ovvero che basti fare un po’ di spesa pubblica (tipicamente a debito!) “per far ripartire la domanda”…chi ci governa adesso, pur sostenendo di essere innovatore, non si sta comportando diversamente, anzi appena può ribadisce con forza che è “contro l’austerity” e cose simili… 

Peccato che la nostra esperienza degli ultimi decenni dimostra come non basti aumentare la spesa corrente per semplici trasferimenti (80€ di Renzi ed RdC sono gli esempi più recenti in tal senso) per crescere...con queste manovre al massimo si aumenta una generica domanda di beni di consumo generici, ma i problemi dell’Italia non hanno nulla a che fare col fatto che si comprano poche patate o pochi smartphone, quello di cui abbiamo bisogno è un’opportuna combinazione di investimenti e riforme strutturali! 

Piuttosto, cosa ci dicono le evidenze sperimentali?

Sostanzialmente l’austerità si può fare in due modi: tassando di più o riducendo la spesa…chi ha studiato il fenomeno afferma (2) che il secondo metodo dà effetti migliori sul lungo periodo, sia in termini di crescita che di sostenibilità del debito... 

Ovviamente non bisogna ridurre la spesa pubblica che produce risultati utili, come istruzione, R&S, infrastrutture e sanità*, ma bisogna tagliare (nei confronti dei vari settori regolati e di tanto reparto pubblico) e contenere (per quanto riguarda assistenzialismo** e sistema previdenziale) le spese non produttive! 

Questa è l’unica soluzione che possa consentire tra l’altro di abbassare le tasse, tagliando una volta per tutte in modo orizzontale, cioè dai lavoratori dipendenti a quelli autonomi (al contrario di quell’aborto che Salvini&co. chiamano Flat Tax), il costo del lavoro e far sì che: 

  • chi lavora già qui abbia vita più facile
  • chi viene da fuori abbia interesse ad investire qui

Il percorso (che ricalca cose già dette, 3) è ovviamente lungo e (again, come già detto molte altre volte!) comporta sforzo e costi (in primis sociale) non indifferenti…ma non si può negare che l’attuale status quo, in cui ci sono pochi che lavorano e pagano per tutti gli altri, sia iniquo e soprattutto non sostenibile per ancora molto tempo!

PS: a titolo di esempio, in Portogallo negli ultimi anni hanno perseguito una politica fiscale prudente ed i risultati si vedono (4, 5)


* al contrario, per mere ragioni di consenso elettorale, tradizionalmente queste voci sono state le prime essere intaccate

** lungi da me affermare che bisogna lasciare indietro i più deboli, ma bisogna essere realisti: le misure come il RdC non possono in nessuna maniera essere definite “espansive” (checché ne dica Di Maio, 6), perché sono semplici trasferimenti...tra l’altro proprio il RdC è in sé una misura pessima, in quanto mischia politiche sociali e politiche del lavoro e genera possibili conflitti di competenze tra Stato e Regioni...ma è davvero possibile che in questo Paese non si riesca a fare come fanno altrove, cioè un bel sostegno per la povertà assoluta (tipo il fu Reddito di Inclusione, ma più finanziato) e misure strutturali per la disoccupazione?


tl;dr: 

Un Paese diligente opera con una politica fiscale cosiddetta contro-ciclica, ovvero risparmia nei periodi di vacche grasse e spende (anche a deficit!) durante le crisi…l’Italia, senza sorpresa, è sempre stata spendacciona! 

Il risultato è che il nostro Paese ha un alto debito e cresce molto poco, quindi dobbiamo trovare il modo di mettere in ordine i conti pubblici e contemporaneamente tornare a crescere… 

Domanda: è possibile conciliare austerity e crescita? 

Risposta: non esistono ricette magiche, ma chi ha studiato a fondo il problema ha evidenziato che la scelta migliore sia di aggiustare i conti non alzando le tasse, bensì diminuendo la spesa... 

Ovviamente bisogna esser cauti nel tagliare la spesa pubblica: non va ridotta la spesa che produce risultati utili (come istruzione, R&S, infrastrutture e sanità), ma in Italia ci sono ampi margini dove operare!

In ogni caso, bisogna togliersi dalla testa l’idea che basti fare spesa pubblica a mo’ di regalie in giro per far ripartire la crescita! 

In conclusione, la disciplina di bilancio non è una scelta ideologica, è una necessità che ci dobbiamo autoimporre a causa dell’irresponsabilità di chi ci ha governato in passato e di chi ci sta governando ora…la scelta che ci rimane riguarda al più le modalità della sua implementazione...

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