lunedì 12 aprile 2021

Storia di un antinuclearista pentito

Premessa1: oggi cambio bruscamente argomento ed invece di parlare delle solite questioni politico-economiche vi racconto l’evoluzione della mia opinione nei confronti dell’energia nucleare da fissione; penso infatti che possa essere interessante, per chiunque fosse ancora molto scettico nei confronti di questa fonte di energia, capire per quali motivi una persona, che in giovane età si professava decisamente antinucleare, abbia negli anni radicalmente cambiato idea ed ora riconosca che senza utilizzarla, fin da subito ed in quantità ben più sostanziose delle attuali, come umanità difficilmente potremo contrastare, per non dire correggere e risolvere, tutti i problemi legati al riscaldamento globale!

Premessa2: la versione originale del post è veramente moooolto lunga, ma in fondo trovate il solito mega-riassunto! 😉

Come la pensavo da giovane adolescente: NO al nucleare

Nel lontano 2005, alla tenera età di 15-16 anni, avevo già le idee chiare sul ruolo dannoso che l’essere umano aveva avuto in passato e continuava ad avere nei confronti dell’ambiente: il combinato disposto dell’uso sfrenato di combustibili fossili ed agenti inquinanti (nel senso più ampio del termine) stava rendendo il pianeta sempre più ostile alla vita umana, da un lato i gas serra riscaldando il pianeta provocavano fenomeni come riscaldamento globale e cambiamenti climatici, dall'altro gli inquinanti avevano creato il buco nello strato di ozono (i famosi CFC) e provocavano ogni anni milioni di morti (polveri sottili, plastiche nella catena alimentare, etc.)

Al secondo problema rispondevo che la soluzione era un mix di efficientamento (sia nei processi produttivi che a livello di consumo) e riciclo ultraspinto, per il primo la soluzione era invece la seguente: smettere immediatamente o quasi del tutto di usare i combustibili fossili e passare quasi integralmente alle rinnovabili (mi ricordo che ero particolarmente fissato col solare, chissà perché l’eolico non mi ha mai fatto impazzire), tanto per metà XXI secolo al più tardi sarebbe arrivata la fusione nucleare grazie ai risultati del progetto ITER + DEMO (1, 2) a salvarci!

In questo contesto, la mia opinione sul nucleare da fissione come fonte di energia che potesse sostituire i combustibili fossili si poteva facilmente riassumere in "come possiamo essere così pazzi da riempire il mondo di centrali nucleari, col rischio che possano esplodere e creare nuove Chernobyl?! Per non parlare poi delle scorie, come possiamo essere così criminali da lasciare un tale peso alle future generazioni?? Noi poi in Italia abbiamo anche la mafia, ma chi ce lo fa fare?? Molto meglio tirare la cinghia con le rinnovabili, tanto a breve avremo centrali a fusione nucleare, quelle sì che ci garantiranno energia illimitata, pulita e sicura per tutti!!"

Col senno di poi tocca constatare che fossi in errore praticamente su tutto:
  • innanzitutto ero molto male informato, complici uno stile sul modo di informarsi all’epoca piuttosto superficiale (mi giustifico appellandomi al classico “peccato di gioventù” 😜) ed una forte propaganda antinucleare sui tradizionali mass media (che in Italia è da sempre impegnata a produrre tanta disinformazione sul tema!) non avevo la minima idea di cosa fosse successo realmente a Chernobyl (reali motivi dell’accaduto ed eccezionalità dell’evento, numero realistico di morti totali, effetti a lungo termine, etc.) né ero consapevole che una centrale nucleare a fissione non possa esplodere tipo bomba atomica, sulle scorie poi avevo in mente i classici fusti gialli con sopra il simbolo della radioattività abbandonati in giro nei boschi o affondati in mezzo al mare intenti a diffondere morte e distruzione intorno a loro, ignorando completamente le reali quantità di rifiuti prodotti e le (giustamente) dure regole cui devono sottostare i relativi processi di smaltimento;
  • ero molto incompetente sul tema energetico e da giovane adolescente non comprendevo appieno quanto sia impossibile (sia con la tecnologia dell’epoca che con quella attuale) passare ad una produzione di energia 100% da fonti rinnovabili (per carità, avevo intuito che le rinnovabili non avrebbero potuto rappresentare da sole il futuro energetico per l’umanità, ma ignoravo completamente le complicazioni dovuti a storage, aleatorietà delle fonti, etc. e “la facevo facile”) ed ero convinto che fosse solo una questione politica (lobbies del petrolio, interessi economici, etc.) se non si tentava a livello mondiale di convertire in breve tempo un’ampia porzione della produzione di energia in rinnovabili, inoltre non ero consapevole dell’aumento di emissioni che era (ed è tuttora!) in corso nei cd Paesi emergenti (3) e non avevo gli strumenti adatti per comprendere quanto poco tempo avessimo a disposizione per cambiare le cose, infatti ero sinceramente convinto che qualche decennio in più di attesa non avrebbe fatto troppa differenza;
  • e proprio su quest’ultimo aspetto ero decisamente ingenuo, mi ero lasciato convincere dagli annunci dell’epoca sui progressi che la ricerca sulla fusione nucleare avrebbe compiuto e mai avrei pensato che le originali roadmaps potessero subire slittamenti di oltre 30 anni (4, 5, 6).

Come la pensavo da neolaureato in Fisica: non sono antinuclearista, ma…

Appena dieci anni fa, nel 2011, fondamentalmente grazie al percorso di studi che avevo intrapreso con la Triennale di Fisica, avevo invece sviluppato una sorta di neutralità nei confronti del nucleare a fissione: da un lato avevo realizzato che la maggior parte di ciò che il cittadino quadratico medio sa sul nucleare (in termini di incidenti e loro conseguenze, pericolosità da radioattività, scorie, etc.) sia sostanzialmente falso, quindi avevo di gran lunga rivalutato la fissione come possibile fonte di energia, ma dall’altro non avevo ancora approfondito abbastanza il tema per essermi tolto ogni dubbio, soprattutto sul lato economico di un eventuale ritorno al nucleare da parte dell’Italia!

All’epoca ero ancora piuttosto convinto che la fusione nucleare sarebbe stata a portata di mano entro il 2050, anno più anno meno, quindi trovavo sciocco investire decine e decine di miliardi di € in una tecnologia che sarebbe stata “obsoleta” nel giro di pochi decenni; dello slogan di sedicenne conservavo ancora la parte “molto meglio tirare la cinghia con le rinnovabili, tanto a breve avremo centrali a fusione nucleare, quelle sì che ci garantiranno energia illimitata, pulita e sicura per tutti!!

Giusto per completezza: proprio per tali motivi, al famoso referendum del 2011 mi astenni sul quesito riguardante il nucleare.

Come la penso oggi: diamoci una mossa a rompere ‘sti atomi

Una prima grossa svolta nel mio pensiero, che ha dato il via ad un progressivo avvicinamento al nucleare da fissione e contestualmente ad una “apertura degli occhi” nei confronti delle rinnovabili, è arrivata nel 2016, quando ho (purtroppo molto tardivamente) scoperto David MacKay ed il suo lavoro (7, 8) riassumibile in: il riscaldamento globale è un problema molto serio ed in quanto tale va affrontato con metodo, non ha senso essere pro-rinnovabili, pro-nucleare, pro-auto elettriche o quant’altro a prescindere, ma bisogna essere pro-aritmetica e fare i conti, da lì si possono trarre delle conclusioni sul da farsi!

In buona sostanza, ecco cosa ho imparato da persone come David negli ultimi 4-5 anni:
  • tutti i dati ed i modelli teorici a nostra disposizione ci dicono che il riscaldamento globale è di origine antropica e la colpa principale risiede nell’immissione di enormi di quantità di gas serra nell’atmosfera da 150 anni a questa parte (9);
  • l’anomalia della temperatura media globale rispetto all’epoca preindustriale si attesta già adesso intorno ad 1°C circa ed i modelli predittivi a nostra disposizione ci suggeriscono che l’unico modo per mantenere tale anomalia sotto 1,5-2°C entro il 2100 è di smettere il prima possibile di emettere ulteriori gas serra nell’atmosfera e se possibile entrare in un regime di “emissioni negative” rimuovendo ampie porzioni della CO2 finora già immessa (10);
  • in termini quantitativi, le emissioni globali negli ultimi anni sono circa 36Gton/y di CO2 e 50Gton/y di CO2eq e purtroppo il trend è in crescita (11, 12);
  • all’incirca i ¾ di questi gas serra (13) sono emessi nei processi che usiamo per produrre l’energia (per convenzione divisa solitamente in elettricità, riscaldamento e trasporto) che ci serve per sopravvivere e più dell’80% di tale energia è ancora prodotta tramite combustibili fossili, con un trend di miglioramento a dir poco scoraggiante (14);
  • poiché globalmente trasporto e riscaldamento si basano quasi esclusivamente ancora su derivati del petrolio e gas naturale e sul totale dell’energia che consumiamo quella in forma di elettricità, che è l’unica sulla quale stiamo agendo discretamente implementando da un paio di decenni a questa parte soluzioni low-carbon, è solo una piccola fetta, si capisce immediatamente come mai il trend di emissioni globali sia ancora in forte crescita (15, 16).

E sempre dalle stesse persone ho appreso qual è il percorso più rapido ed adeguato per affrontare il riscaldamento globale:
  • poiché la produzione di energia sotto forma di elettricità è qualcosa che sappiamo fare con tecnologie a bassa emissione di gas serra, bisogna innanzitutto elettrificare praticamente tutti i settori, od ampie parte di essi, per i quali è possibile farlo;
  • secondariamente ogni Paese, in base alle sue esigenze e soprattutto in base a ciò di cui dispone (latitudine, posizione e morfologia, eventuali corsi d’acqua e bacini idrici, zone sismiche e/o vulcaniche, etc.), deve compiere una scelta sulle sorgenti low-carbon da utilizzare modulando opportunamente le percentuali riservate a rinnovabili e nucleare (qui un confronto tra l’emissione di CO2e per ogni fonte di energia calcolate sull’intero ciclo vita e normalizzato all’energia prodotta 17);
  • dal momento che i due punti precedenti non possono essere implementati dall’oggi al domani, con tutta probabilità nel transiente si dovrà ricorrere all’utilizzo di processi (alcuni dei quali sono altamente energivori!) di sequestro della CO2 atmosferica (18, 19);
  • infine bisogna accettare che una minima dipendenza dagli idrocarburi ci possa sempre essere, ma bisogna impegnarsi a non consumare più combustibili fossili estratti dal sottosuolo, bensì sfruttare tutte le tecnologie a nostra disposizione per riciclare la CO2 che abbiamo già immesso nell’atmosfera generando idrocarburi di sintesi al fine di creare dei piccoli circuiti ad emissioni zero (questo è ovviamente possibile se l’energia che si usa per tale scopi è a bassa emissione!).

NB1: l’opzione “basterebbe cambiare il nostro stile di vita e consumare un po’ meno energia per risolvere tutto” non può essere presa in considerazione, almeno per i seguenti motivi:
  • la riduzione di consumi richiesta sarebbe dell’ordine dell’80-90% rispetto ai valori attuali, qualcosa che obiettivamente risulta piuttosto irrealizzabile, a meno di non voler tornare indietro ad un’epoca simile a quella dei primi del ‘900 (se non addirittura antecedente!);
  • tale richiesta peraltro non potrebbe essere fatta al di fuori dei cd Paesi sviluppati (20), perché che diritto avremmo noialtri, che abbiamo costruito la nostra attuale ricchezza bruciando carbone e petrolio per oltre un secolo, di chiedere al resto del mondo (~80% della popolazione mondiale) di bloccare il percorso verso il progresso (super riassunto: partendo da condizioni di povertà estrema la crescita del GDP per capita è driver di benessere, sfortunatamente questa stessa crescita è fortemente correlata con elevate emissioni di gas serra, specialmente nella fasi iniziali, 21, 22, 23)?
  • al contrario, la diretta conseguenza dei punti dell’elenco precedente è che, per toglierci dai guai, i consumi (elettrici!) debbano aumentare drasticamente!

Sia chiaro, non sono affatto contrario a lavori di miglioramento dell’efficienza, né alla riduzione degli sprechi, sia a livello di produzione che di consumo in ogni attività umana, e trovo inaccettabile che molti tra i Paesi che attualmente consumano più energia siano anche coloro che la producono nel modo meno green possibile (24, 25, 26) ma dev’essere chiaro che “più efficienza” e “lotta agli sprechi” da sole non bastano, serve una transizione ad una produzione di energia da fonti low-carbon, punto.

Detto in slogan: il problema non è che consumiamo troppa energia, il problema è che più dell’80% di questa energia è prodotta tramite i combustibili fossili!

NB2: se si segue la strategia sopra menzionata potremmo abbattere di almeno ¾ l’attuale emissione dei gas serra (27), il restante ¼, legato a tutto ciò che riguarda il cibo di cui ci nutriamo (28), andrebbe “aggredito” attraverso un mix composto da riduzione del consumo di carne (specialmente da bovini), riduzione degli sprechi alimentari, miglioramento dell'efficienza dei processi agricoli (leggasi uso degli OGM!) e, di nuovo, passaggio a forme di produzione low-carbon (29).

Nell’elencare i punti chiave della strategia per affrontare il riscaldamento globale, ho citato sia le rinnovabili che il nucleare a fissione ed ho menzionato il fatto che, per giungere alla completa decarbonizzazione, ogni Paese deve capire qual è la giusta percentuale da riservare all’una o all’altra sorgente di energia, pertanto la domanda che normalmente sorge spontanea è “ma davvero non possiamo risolvere tutti i nostri problemi solo con le rinnovabili facendo a meno dell’atomo?” Spoiler: no!

Se infatti da un lato le rinnovabili hanno l’innegabile pregio che le loro fonti di energia risultano inesauribili su scala temporale umana, dall’altro possiedono dei limiti intrinseci che, conti alla mano, rendono ad oggi praticamente impossibile un loro utilizzo su scala globale in maniera esclusiva:
  • la loro scarsa densità energetica ed i ridotti capacity factor, ovvero il rapporto tra la potenza effettiva erogata da una fonte energetica in un certo periodo di tempo e la sua potenza nominale installata (per solare, eolico ed idroelettrico si parla rispettivamente di ~25%, ~35% e ~40%, 30) implicano un elevato consumo del suolo, fattore che già da solo può rendere impossibile per molti Paesi sopravvivere col 100% di sole rinnovabili;
  • la rilevante aleatorietà (leggasi intermittenza) di buona parte di esse (soprattutto solare ed eolico, ma anche alcuni tipi di idroelettrico) rende la loro diffusione nella rete elettrica esponenzialmente più difficile man mano che sale la loro percentuale di partecipazione alla rete stessa (31, 32) e richiede ingenti capacità di storage (giornaliero, stagionale, etc.) per sopperire ai periodi in cui la loro produzione è scarsa o assente (per fare un esempio, in Italia l’energia annuale prodotta dal fotovoltaico é ripartita per il 70% nei sei mesi più soleggiati, 21 marzo-20 settembre, e per il 30% nei restanti sei mesi, 21 settembre-20 marzo, 33).

Il nucleare da fissione è anch’essa una fonte di energia a bassissimo impatto in termini di CO2 (qui un confronto con le altre fonti sull’intero ciclo vita 17), ma non possiede i limiti sopra menzionati tipici delle rinnovabili:
  • possiede un’altissima densità energetica ed alti capacity factor (>90%, 30) il che lo rende un ottimo candidato a rimpiazzare i combustibili fossili per sostenere il baseload di una rete elettrica nazionale (34) nonché un “partner ideale” per la già menzionata cattura della CO2 atmosferica e più in generale di tutti quei processi per cui si può sfruttare l’energia in eccesso prodotta nei periodi con scarsa domanda (banalmente ogni notte o nei weekend);
  • nel processo di elettroproduzione da fissione si genera molto “calore di scarto” che può essere utilizzato per svariate applicazioni, tra cui teleriscaldamento, produzione di idrogeno combustibile, desalinizzazione dell’acqua di mare, etc. (35);
  • il nucleare da fissione si presta infine a molti altri utilizzi, tra cui l’elettrificazione del trasporto navale, la produzione di radioisotopi per la medicina, una futura generazione di propulsione spaziale, etc. (36).

In estrema sintesi, stanti l’attuale tecnologia a nostra disposizione e la gravità del problema (ricordiamoci che non abbiamo tempo da perdere! 10) non possiamo ambire ad un mondo in cui l’intero approvvigionamento energetico (ricordiamoci che non basta decarbonizzare la produzione di elettricità!) è al 100% rinnovabili, bisogna invece accettare l’idea che la soluzione sia un mix energetico in cui nucleare e rinnovabili convivono e si supportano a vicenda!

Pochissimi Paesi al mondo sono già a buon punto nel decarbonizzare il proprio settore energetico e la quasi totalità di essi ha potuto farlo perché ha scelto nucleare ed idroelettrico, ovvero fonti low-carbon NON intermittenti, per sostituire progressivamente la dipendenza dai combustibili fossili (37).

Chi invece ha scelto di intraprendere un percorso di decarbonizzazione basato esclusivamente sulle rinnovabili intermittenti (solare ed eolico) sta avendo molte difficoltà, l’esempio principe in Europa è la Germania col suo Energiewende: nonostante gli elevati sforzi (soprattutto economici!) impiegati da un decennio a questa parte, il settore elettrico tedesco continua ad essere uno dei più “sporchi” e costosi di tutta l’Europa (38, 39, 40, 41).

Un altro esempio “sfortunato” è dato dalla California: la scelta di effettuare una transizione energetica basata per lo più su solare ed eolico, unita ad una non appropriata pianificazione di eventuale backup, sia in termini di fonti più affidabili (nucleare o gas) che di storage a lungo termine, sta causando molti problemi in termini di blackouts stagionali (42, 43, il secondo link ha un titolo a mio avviso fuorviante, è vero che di per sé nell’evento accaduto ad agosto 2020 il blackout non è stato causato direttamente dalle rinnovabili, ma è innegabile che se la California avesse compiuto scelte strategiche ben differenti tale evento non si sarebbe mai verificato, infatti nello stesso articolo viene affermato che senza un partner affidabile, le sole fonti intermittenti non bastano!).

Detto in slogan: se fossimo tutti come la Norvegia potremmo permetterci di tirare avanti solo con idroelettrico e pochissimo altro, ma di Norvegia al mondo ce n’è una sola, ognuno trovi il proprio mix più adatto!


In difesa dell’atomo

Dopo aver letto le informazioni sin qui riportate qualcuno potrebbe chiedersi “ma se le rinnovabili intermittenti hanno tutti questi limiti, come mai molti Paesi puntano solo su di esse a sfavore dell’atomo?” La spiegazione è presto detta: da svariati decenni nei confronti del nucleare è in corso una forte campagna di demonizzazione che, quando va bene si limita a mettere in evidenza ed esasperarne i soli punti critici, quando va male si fonda su bufale e disinformazione sfruttando la paura e l’ignoranza che il cittadino quadratico medio ha sull’argomento (44, 45, 46).

Poiché io per primo sono stato vittima di ciò, ho selezionato alcuni degli argomenti che normalmente vengono utilizzati contro il nucleare e per ognuno ho sviluppato un approfondimento dedicato.


Sicurezza; tipicamente la prima obiezione che viene fatta all’energia proveniente dall’atomo riguarda questo tema, nell’immaginario collettivo infatti è quasi automatico collegare il nucleare civile con le devastazioni provocate dalla sua controparte militare, nonché agli incidenti di Chernobyl e Fukushima, entrambe queste preoccupazioni andrebbero però decisamente ridimensionate:
  • sul parallelismo bombe~centrali, molto semplicemente la risposta è che una centrale nucleare non può fisicamente esplodere come una bomba atomica ed i motivi sono legati alle diverse percentuali di arricchimento del combustibile nei due casi (47). Sul rischio di proliferazione degli armamenti dal nucleare civile invece i numeri parlano molto chiaro (48, 49);
  • per quanto riguarda l’incidente più famoso di sempre, ossia quello di Chernobyl, prendo in prestito le parole del buon Luca Romano e rimando al suo post completo che aiuta a comprendere come “dovrebbe essere evidente che definire Chernobyl "un incidente" è come mettersi al volante bendati, chiamare "imprevisto" il successivo schianto e a quel punto proporre di mettere fuorilegge le automobili”, tale evento infatti, pur nella sua indiscussa gravità che assolutamente non va minimizzata, resta un caso unico nella storia, che è stato reso irripetibile dalla tecnologia e dalle norme internazionali (50, 51); 
  • infine, al contrario di quanto affermato dalla quasi totalità della stampa (purtroppo anche estera, a dimostrazione che i ciarlatani esistono ovunque 52), l’incidente di Fukushima è esattamente la dimostrazione di come il nucleare civile sia estremamente sicuro ed affidabile, infatti in occasione del quarto terremoto più forte mai registrato dall’essere umano accompagnato ad un’onda di maremoto che sulla costa ha raggiunto altezze di 13-15m (53, 54), che hanno causato quasi 18000 morti nel Paese che è più all’avanguardia in quest’ambito, secondo OMS ed UNSCEAR a Fukushima "non sono stati osservati casi di morti o di malattie indotte dalle radiazioni, né tra i lavoratori della centrale né tra i cittadini esposti alle conseguenze dell'incidente. Le dosi assorbite dalla popolazione nell'anno successivo all'incidente sono generalmente basse o molto basse, e ci si aspetta che rimangano tali per il resto della loro vita. Non si ci aspetta nessun tipo di aumento dell'incidenza di effetti sulla salute dovuti alle radiazioni sui cittadini esposti alla contaminazione o sui loro discendenti. Le conseguenze maggiori si sono avute dal punto di vista psicologico e sociale" (55, 56, 57). Un'ulteriore conferma dell’altissimo livello di sicurezza garantito dalle strutture per il nucleare civile è fornita dalla centrale di Onagawa che, nonostante fosse la più vicina all’epicentro del terremoto di marzo 2011, non ha subito danni gravi ed è addirittura stata utilizzata dalla popolazione come edificio dove rifugiarsi nei giorni successivi al terremoto stesso (58).
Alle possibili obiezioni legate al fatto che il nucleare renderebbe inabitabili per chissà quanto tempo le zone coinvolte dagli incidenti si può rispondere sinteticamente come segue:
  • persino a Chernobyl, dove è avvenuto l’incidente in cui è andato storto tutto quello che poteva accadere, è possibile andare in visita senza correre particolari rischi per la sicurezza, fatta eccezione per alcuni spot localizzati (59);
  • nella zona di esclusione di Fukushima c’è una radioattività residua che è più bassa di quella della città di Orvieto, quindi qualsiasi richiamo ad ipotetiche “zone rese inabitabili” è puramente ingiustificato (60);
  • sono ben altre le fonti di energia legate ad incidenti che hanno fatto danni ritenuti irreparabili o quasi (61, 62, 63, 64, 65) e che uccidono ogni anno letteralmente milioni di persone a causa dell’inquinamento da loro prodotte (66).
In conclusione, conti alla mano, se si confrontano tutte le fonti di energia sull’intero ciclo vita si osserva che il nucleare risulta tanto sicuro quanto le rinnovabili (fanno eccezione le biomasse) rendendolo già oggi un ottimo candidato per rimpiazzare i combustibili fossili (17).



Scorie; anche questo tema è un grande classico tra i detrattori del nucleare ed io stesso fino a qualche anno fa avevo ancora molti dubbi riassumibili nel sempreverde “eh ma le scorie?”, col tempo ed adeguato approfondimento ho però cambiato idea, qui di seguito provo a riassumere cosa ho imparato nel corso degli anni:
  • innanzitutto i rifiuti radioattivi si dividono in tre macrocategorie (LLW, ILW ed HLW, 67) e col termine “scorie radioattive/nucleari” si intende normalmente quel sottoinsieme che necessita di tempi che vanno da 300 ad alcune migliaia/decine di migliaia di anni prima di diventare innocui; 
  • quantitativamente parlando ogni anno nel mondo vengono prodotte alcune decine di migliaia di tonnellate di combustibile nucleare esausto, è tanto o è poco? Per scoprirlo occorre fare un confronto con altri tipi di rifiuti, prendendo ad esempio l’UE, ogni anno si producono ~500kg di rifiuti solidi urbani e ~200kg di rifiuti pericolosi a testa, nello stesso periodo di tempo in Francia (che è in linea con tali valori ed al contempo è il Paese col maggior share di nucleare al mondo) si producono non più di 1-2kg di rifiuti radioattivi a testa di cui solo una decina di grammi di HLW (68, 69, 70). In soldoni, per contenere tutte le scorie nucleari finora prodotte dal nucleare civile nel mondo (~400k tonnellate totali) basterebbe un campo da calcio standard riempito per pochi metri di altezza (71, 72, 73);
  • dal momento che la quantità di rifiuti realmente dannosi per l’uomo che proviene dall’energia nucleare è ridicolmente bassa, uno stoccaggio fatto in maniera sicura è tecnologicamente realizzabile, invito a leggersi/guardarsi con molta calma e voglia di approfondire tutti i dettagli su come sono costruiti i depositi ed in che modo vengono scelti i siti adatti (74). Peraltro su tale questione vorrei togliermi un sassolino dalla scarpa e denunciare la palese ipocrisia dell’opinione pubblica che tollera senza problemi che ~100kg (grossomodo metà del numero menzionato al punto precedente) di rifiuti pericolosi a testa vengano smaltiti in discarica ogni anno, talvolta addirittura in depositi sotterranei (75), ma non accetta che una manciata di grammi di scorie radioattive (a persona per anno, vedere sempre il punto precedente) subisca lo stesso trattamento, con la differenza tra l'altro che i rifiuti nucleari dopo la loro "data di scadenza" diventano davvero innocui, mentre i tradizionali rifiuti pericolosi sono chimicamente stabili e quindi rimarranno tali letteralmente per sempre!
  • infine, ma non per importanza, con i reattori FBR (76) si possono "bruciare" le scorie che richiedono svariate migliaia di anni prima di diventare innocue, riducendo quindi i tempi massimi per lo stoccaggio delle scorie stesse a circa 300 anni (vedere primo punto dell’elenco) ovvero tempistiche del tutto comparabili con quello dello smaltimento della maggior parte delle plastiche che usiamo nella vita di tutti i giorni, con la sostanziale differenza che quest’ultime sono prodotte in misura largamente maggiore (3-4 ordini di grandezza in più rispetto agli HLW) e soprattutto non vengono adeguatamente trattate e conservate, ma vengono quotidianamente disperse nell’ambiente (77). Nonostante gli evidenti vantaggi, il mondo non è pieno di soli reattori FBR perché sono ancora tecnologicamente molto costosi, pertanto risulta più conveniente dal punto di vista economico il semplice stoccaggio in sicurezza delle scorie radioattive (che sono molto poche, ricordiamolo!), ma questo non significa che non ci sia molta ricerca di frontiera volta a rendere scalabile la produzione di tali reattori su scala mondiale (78);
  • per chi fosse interessato a saperne di più sul tema scorie, lascio qui alcuni link di approfondimento 79, 80 e 81.
Per concludere, anche le rinnovabili non sono esenti dalla produzione di scarti e rifiuti e se si confrontano tutte le fonti di energia low-carbon in base al loro utilizzo di materiali si osserva che a parità di energia prodotta il nucleare è indubbiamente la scelta più pulita (82). Inoltre va fatto notare che nella filiera produttiva di solare ed eolico, nonché nella produzione di batterie per i relativi sistemi di stoccaggio e backup, si fa un uso intensivo di terre rare, con ricadute ambientali per nulla sostenibili (83, 84).


Alto costo; molto spesso il nucleare viene descritto come fonte di energia troppo costosa e non economicamente sostenibile, ma qual è la verità dietro all’effettivo alto costo dell’atomo? In estrema sintesi, di nuovo attingendo a piene mani dai post di Luca Romano che vi invito a leggere per approfondire il tema (85, 86):
  • la costruzione di un singolo reattore ha un costo molto alto (>5 miliardi di €) che può ulteriormente aumentare in caso di ritardi nei lavori o imprevisti burocratici dovuti ad enti regolatori, cambi di strategia energetica nazionale, etc. e dal momento che generalmente le aziende che costruiscono reattori nucleari non hanno a disposizioni capitali simili, la costruzione di una centrale viene tipicamente finanziata tramite prestiti;
  • questi ultimi hanno tassi molto alti per ragioni prettamente politiche, il nucleare è infatti piuttosto impopolare e quindi viene giudicato un investimento ad alto rischio perché una vittoria elettorale di un partito contrario a questa tecnologia o improvvisi mutamenti dell’opinione pubblica di un Paese potrebbero causare lo shutdown anticipato di un programma nucleare nazionale (e.g. Italia, Germania, etc.);
  • di conseguenza la componente maggioritaria del costo dell'energia da fissione proviene dagli interessi sui prestiti per la costruzione del reattore stesso, mentre il prezzo totale dell'energia è praticamente anelastico rispetto al prezzo del combustibile;
  • in questo contesto è quindi chiaro che per abbattere i costi legati al nucleare sono richieste molta stabilità e programmazione da parte degli stati nazionali, le stessa stabilità e programmazione che sono peraltro obbligatorie nella battaglia contro il riscaldamento globale, che richiede sì importanti interventi già ora nel medio-breve termine (entro il 2030-2050), ma ne richiederà altrettanti su un periodo di tempo più lungo (entro fine secolo), sul quale il nucleare si dimostra molto efficace (la vita operativa di una centrale nucleare può tranquillamente superare i 60 anni e puntare agli 80 anni, 87);
  • con l’avvento degli SMR, ovvero reattori di piccola taglia prodotti in fabbrica, pronti per essere trasportati e assemblati in loco in tempi relativamente brevi, previsto entro la fine di questo decennio, si prevede che avverrà un ulteriore abbattimento dei costi legati al nucleare (88). 
Nonostante tutto quello appena descritto, dal punto di vista della sostenibilità economica e considerando il ciclo vita di un impianto (LCOE, 89), il nucleare rimane più che competitivo con le altre forma di energia, rinnovabili incluse (90).



Ed a proposito di rinnovabili, in Italia dal 2010 ad oggi abbiamo speso grossomodo 120 miliardi di € di incentivi che si sono tradotti in ~10% del fabbisogno elettrico nazionale aggiuntivi prodotti da solare ed eolico; con la stessa cifra ed ipotizzando pure che ogni prezzo ufficiale raddoppi a causa dei problemi e delle inefficienze tipiche del nostro Paese, avremmo potuto decarbonizzare almeno la metà del fabbisogno elettrico nostrano (91, 92). Per avere un ulteriore confronto diretto sui costi di un’ipotetica transizione 100% rinnovabili o 100% nucleare in Italia rimando a questi due link (93, 94): la differenza, nonostante riguardi solo la componente di energia elettrica lasciando fuori riscaldamento e trasporti, è piuttosto impietosa!


Dipendenza risorsa finita; l’uranio è tecnicamente presente in quantità limitata sul nostro pianeta ed ai ritmi attuali le riserve al momento note basterebbero almeno per i prossimi 135 anni circa (95) ma ci sono ottime ragioni per cui ha senso non preoccuparsi troppo ed anzi per le quali si può considerare l’atomo una fonte di energia “praticamente rinnovabile”: 
  • innanzitutto il numero che ho appena fornito è piuttosto conservativo e può facilmente salire ad almeno 250 anni sotto ipotesi e stime più che ragionevoli in termini di nuovi giacimenti da scoprire in futuro (95);
  • la quasi totalità dei reattori attualmente in commercio utilizza appena una frazione dell’uranio disponibile in natura (l’uranio-235, ovvero quello fissile, è appena lo 0,7% del totale) mentre con l’introduzione dei reattori FBR sopramenzionati se ne potrebbe utilizzare praticamente il 100%, estendendo la durata delle riserve attualmente conosciute o stimate a qualche migliaio di anni (95);
  • inoltre è noto che nei mari e negli oceani c’è una quantità di uranio superiore di 2-3 ordini di grandezza rispetto alle riserve terrestri a cui fanno riferimento i punti precedenti, il che significa altre decine di migliaia di anni di combustibile a disposizione (95). Al momento le tecniche di estrazione dell’uranio dall’acqua di mare sono piuttosto costose e non sono ancora implementabili su vasta scala commerciale, ma è plausibile immaginare che lo diverranno nel tempo che servirà ad esaurire le riserve su terraferma;
  • infine, se nel tempo che è trascorso per percorrere i punti precedenti l’umanità non si è seduta troppo sugli allori, avrà imparato a costruire su larga scala dei reattori al torio (96) e poiché quest’ultimo è circa 3-4 volte più abbondante dell’uranio, non sto nemmeno a dirvelo quanto altro tempo avremo guadagnato, ma a quel punto è più probabile che avremo già dominato anche la fusione nucleare se non addirittura costruito una sfera di Dyson intorno al Sole (97). 
Per concludere, se quindi l’uranio non è tecnicamente rinnovabile ma lo è praticamente, su tempi scala confrontabili con la vita umana, allo stesso modo è vero che Sole, vento ed acqua sono fonti inesauribili, ma i materiali (principalmente terre rare) con cui siamo in grado di sfruttarle sono invece disponibili in quantità limitata sulla Terra (98). Inoltre, mentre le terre rare sono quasi un monopolio cinese (99) l’uranio è distribuito un po’ più uniformemente e tra i maggiori produttori figurano Paesi con cui siamo politicamente più affini, come Canada ed Australia (100).


Infiltrazioni mafiose; alzi la mano chi non ha mai pensato almeno una volta in vita sua qualcosa del tipo “l’Italia è un Paese di incapaci e corrotti ed il traffico di scorie nucleari finirebbe sicuramente in mano alla mafia”, ecco diciamo che le cose non stanno proprio così:
  • innanzitutto andrebbe spiegato perché con queste premesse continuiamo a mantenere impianti chimici, impianti siderurgici, raffinerie, gasdotti, dighe, ospedali, etc. perché se è vero che siamo così disperati, allora non dovremmo fare nulla di nulla;
  • secondariamente, utilizzando di nuovo le parole di Luca Romano “l'energia nucleare non è una tecnologia che un paese può realizzare in solitaria: vi sono precise norme internazionali, nonché un'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica preposta alla sorveglianza, che ha il potere di farti chiudere tutto se non rispetti i regolamenti - afferisce all'ONU, quindi può infliggere sanzioni e dichiarare l'embargo per quanto riguarda l'importazione del combustibile. Un programma nucleare vede sempre una cooperazione internazionale a livello altissimo e una quantità di competenze messe in gioco altrettanto elevate, persino quando riguarda paesi del terzo mondo - figuriamoci l'ottava economia del pianeta. Anche l'idea che gli italiani, in quanto italiani, farebbero tutto in barba alle regole, va quindi a scontrarsi con quella che è la realtà dei fatti: nessuno può fare niente in barba alle regole perché nessuno può fare niente senza il coinvolgimento di numerosi partner internazionali e di importanti enti di controllo.” (101
  • la criminalità organizzata, che ahinoi non è composta da persone stupide, non ha alcuno interesse ad impegnarsi in un mondo così controllato e normato come quello relativo al nucleare, quando ha a disposizione interi altri mercati su cui ci sono (quando ci sono!) molti meno controlli internazionali e dove le quantità di merce in gioco sono mooooolto più alte (vedere più sopra il confronto nella produzione procapite di rifiuti urbani, rifiuti pericolosi e scorie radioattive in Europa). 

Mancanza delle competenze; il pensiero comune in Italia è che dopo il referendum del 1987 si sia smesso di formare persone competenti in ambito nucleare e che quindi non abbia senso investire su tale forma di energia, dal momento che mancano le persone formate sul tema, ma questo è sostanzialmente falso:
  • i laureati italiani in Ingegneria Nucleare, che non mancano affatto, trovano normalmente lavoro all'estero entro pochissimo tempo dalla discussione di laurea (102, 103);
  • l'ENEL è forse l'unica azienda elettrica al mondo che gestisce reattori nucleari di ben tre tipologie diverse, grazie alle quote che possiede nelle società elettriche Spagnola e Slovacca (104);
  • infine una delle aziende leader mondiali nella componentistica per reattori nucleari è Ansaldo Nucleare, che tra l’altro ha sede a Genova, mia città natale e di residenza.

Conclusioni

Arrivati in fondo a questo immenso sproloquio ci tengo a ribadire i pochi e semplici concetti che vorrei trasmettere a chi ha avuto la pazienza di arrivare fino in fondo:
  • il riscaldamento globale, con tutte le sue conseguenze (cambiamenti climatici, etc.) è un problema molto serio che rappresenta LA grande sfida che l’umanità deve e dovrà affrontare da qui a fine secolo (se non oltre);
  • stanti i loro rispettivi limiti, né le rinnovabili, né la fissione nucleare, se utilizzate in maniera esclusiva su scala globale, possono rappresentare una possibile via d’uscita;
  • solo un adeguato mix che comprenda entrambe può rappresentare una soluzione al nostro problema, nonché determinare la fine dell’era dei combustibili fossili.
 
Per chi fosse interessato ad ulteriori approfondimenti in tema di energia nucleare e riscaldamento globale, consiglio di seguire i seguenti canali di divulgazione: L'Avvocato dell'Atomo (FB, IG), La Fisica che non ti Aspetti (FB, YT), Nucleare e Ragione (FB, sito web), Andrea Fasulo (YT), Chi ha paura del buio? (FB).


tl;dr

Quando ero giovane, ingenuo ed anche piuttosto impreparato, pensavo che il nucleare da fissione fosse il male e che le rinnovabili avrebbero potuto rappresentare un’adeguata, seppur temporanea, soluzione ai problemi climatici in attesa dell’unica vera via di uscita a tutti i problemi dell’umanità: la fusione nucleare!

Purtroppo ero decisamente in errore, almeno per i seguenti motivi:
  • a causa di alcuni difetti intrinseci, tra cui la scarsa densità energetica, l’alta intermittenza, la necessità di imponenti quantità di storage e la bassa sostenibilità ambientale della filiera produttiva legata al loro sfruttamento, le rinnovabili da sole NON possono rappresentare un sostituto ai combustibili fossili;
  • la fusione nucleare, se mai arriverà, sarà giunta troppo tardi, mentre il riscaldamento globale va affrontato fin da subito con tutti i mezzi a nostra disposizione, fissione nucleare inclusa.

Nel frattempo, grazie al mio percorso di studi ed all’egregio lavoro di esperti e divulgatori sul tema, ho sensibilmente cambiato opinione sull’energia atomica che, nonostante goda di una pessima fama, dati alla mano risulta essere:
  • a bassissimo impatto di CO2, al pari o al di sotto delle fonti di energia rinnovabili;
  • sicura, il rate di incidenti ed il numero di morti a parità di energia prodotta sono paragonabili alle fonti di energia rinnovabili, mentre sono di ordini di grandezza inferiore rispetto ai combustibili fossili, peraltro i due incidenti per cui il nucleare è tristemente celebre NON hanno reso inabitabili per sempre le rispettive zone in cui sono accaduti, al contrario di quanto è avvenuto con disastri legati ad altre fonti di energia;
  • pulita, dal punto di vista tecnologico sono stati fatti importanti passi avanti sul tema delle scorie nucleari, da un lato si è imparato a stoccarle con grandissima cura e sicurezza - processo che con grande ipocrisia NON viene assolutamente eseguito con il resto dei rifiuti che quotidianamente produciamo ed in misura immensamente superiore: dai classici rifiuti urbani, ai troppo spesso ignorati rifiuti pericolosi, per non parlare della stessa CO2 immessa nell’atmosfera - dall’altro si è riuscito a dimostrare che è possibile riciclarle con i reattori di quarta generazione;
  • economicamente sostenibile, superato lo scoglio iniziale dovuto agli importanti investimenti richiesti per la costruzione di una centrale, grazie alla lunga vita ed alla dimostrata affidabilità della tecnologia stessa, il nucleare si ripaga da solo e con gli interessi, inoltre con l’avvento degli SMR, presumibilmente entro fine di questo decennio, i costi verranno ulteriormente abbassati.

In conclusione, se le rinnovabili rappresentano un’ottima soluzione per la produzione decentralizzata di quantità di energia medio-basse, il nucleare è un ottimo candidato a rimpiazzare i combustibili fossili per sostenere il baseload di una qualsiasi rete elettrica su scala nazionale e nell’ottica di un mondo in via di decarbonizzazione ogni Paese deve scegliersi il mix più adeguato, in base alle risorse a sua disposizione ed ai consumi di cui necessita, in cui rinnovabili e nucleare collaborano e si supportano a vicenda!

2 commenti:

  1. Il grafico preso da our world in data è da ggiornare: gli standard dell'energia nucleare è perfino migliorata

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