lunedì 4 dicembre 2023

Femminicidi e patriarcato: alcune riflessioni

Benché sia una persona che tiene particolarmente all'essere sempre informato su quello che accade in Italia e nel mondo, per mia natura ho sempre trascurato i fatti di cronaca nera, o per meglio dire li ho sempre seguiti a debita distanza senza mai approfondirli, anche a costo di saperne poco o nulla, rifuggendo l’atteggiamento morboso con cui solitamente l’opinione pubblica segue tali eventi. 

Nonostante ciò, il recente femminicidio di Giulia Cecchettin (1) mi ha colpito in un modo completamente diverso da quanto mi fosse mai capitato in passato, e per la prima volta da praticamente sempre ho tenuto alta l'attenzione durante tutta la vicenda, fin dal primo momento in cui Giulia era stata dichiarata scomparsa, per capire come stessero evolvendo le indagini giorno dopo giorno. Non so ancora spiegarmi il perché, ho provato a ragionarci sopra con amici e parenti ma non sono giunto ad una conclusione, anche se ho la quasi certezza che l’essere diventato padre da meno di un anno e mezzo abbia il suo non indifferente peso in tutto ciò.  

Quale che sia il motivo per cui questa tragica ed orribile vicenda mi ha segnato più di altre avvenute in passato, le ampie discussioni pubbliche che si sono sollevate, unite a quelle private che menzionavo prima, hanno scaturito diverse domande cui hanno fatto seguito alcune riflessioni mie personali che sento di dover mettere in ordine, non foss’altro per verbalizzare idee e concetti che bene o male mi porto dietro da anni ma che non ho mai espresso al di fuori della sfera privata tra parenti ed amici. 


L’Italia è un Paese pericoloso per le donne? 

Cominciamo dalle cose scomode, ovvero i fatti:  

  • negli ultimi 2-3 decenni in Italia ci sono sempre meno omicidi, con uno sbilanciamento di genere che si sta assottigliando sempre più (2, 3
  • nello stesso arco di tempo anche i suicidi sono in diminuzione, ma in tal caso risulta ancora piuttosto evidente uno sbilanciamento di genere, indicativamente per ogni suicidio femminile ce ne sono 4 maschili (4)  
  • i femminicidi propriamente detti invece, ovvero quelli ad opera di partner, ex partner e parenti stretti, sono purtroppo stazionari da almeno 20 anni (5
  • per quanto concerne le violenze perpetrate nei confronti delle donne, benché i dati mostrino un miglioramento, purtroppo le statistiche sono poche e piuttosto vecchie (segno che ancora troppo poche risorse sono impegnate su questo fronte!!) e quindi non mi azzardo a formulare giudizi, anche perché c’è sicuramente molto “sommerso” che non viene evidenziato dalle ricerche stesse (6, 7
  • nei confronti europei non c’è storia, siamo praticamente sempre tra i migliori sotto ognuno dei precedenti indicatori (8, 9, 10, 11

In buona sostanza, checché ne voglia la vulgata giornalistica: 

  • l'Italia è uno dei Paesi più sicuri d’Europa in termini di omicidi (senza distinzioni di genere), suicidi (senza distinzioni di genere), femminicidi e violenze perpetrate nei confronti delle donne. 
  • guardando ai freddi numeri, in Italia il femminicidio non è un problema che mi sentirei di definire sistemico, e più in generale le strade non sono piede di lupi e si può uscire di casa senza aver paura di morire, a prescindere dal genere in cui ci si riconosce. 

Questo OVVIAMENTE non significa che NON ci sia ancora TANTISSIMO lavoro da fare per migliorare la situazione nel nostro Paese, ma prima di intraprendere qualsiasi tipo di riflessione è necessario tenere bene a mente la situazione di partenza, ragionando col cervello e non con la pancia. 

Quindi, assunto che i femminicidi in Italia sono fortunatamente un fenomeno statisticamente poco rilevante, benché stabile e non in declino come altri orribili crimini, e che il Paese reale non è abitato da mostri, va allo stesso tempo ricordato che il femminicidio è un atto estremo e non esiste solo quello. 

Sfortunatamente, sempre in Italia, c'è tutto un sostrato culturale che è fatto di abusi verbali, psicologici, economici e fisici che non per forza (e fortunatamente, aggiungo!!) sfociano nel femminicidio, ma che son lì da vedere: a partire da fenomeni che solo in apparenza possono sembrare innocui (ma non lo sono affatto, e quasi sarebbe un esperimento interessante fare un test a parti invertite) come i commenti sessisti sulla presunta inadeguatezza del genere femminile in determinati contesti o il purtroppo troppo frequentemente documentato catcalling (12), fino al ben più noto gender pay gap (13), cioè la non trascurabile disparità che c'è nella retribuzione tra uomini e donne. 

E benché non adori il termine - più che altro non sopporto l’uso e l’abuso che se ne fa, spesso in modo indiscriminato, tanto per capirci preferirei parlare di cultura maschilista - obiettivamente direi che “patriarcato” riassume piuttosto bene questo contesto culturale, almeno stando alla sua definizione più sintetica e minimale (14): Il patriarcato è un sistema sociale in cui gli uomini detengono in via primaria il potere e predominano in ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà privata


È quindi tutta colpa del patriarcato? 

Ecco, nonostante tutto quello che ho messo per iscritto nello scorso paragrafo, faccio fatica a dare interamente la colpa al cd patriarcato, mi spiego: certamente è ascrivibile al cd patriarcato la già menzionata disparità di trattamento in molti ambiti della vita privata e pubblica tra uomini e donne, quando quest’ultime sono la parte danneggiata, così come penso siano imputabili al cd patriarcato i casi in cui “paradossalmente” (nel senso che può avere un paradosso all'interno del paradigma patriarcale) avviene l’opposto, come ad esempio la scarsissima attenzione nei confronti degli uomini vittime di violenze ed abusi (dove, come c'è da aspettarsi, c’è tantissimo “sommerso, 15), od anche l’altissima disparità di genere nelle denunce di infortuni (mortali e non, 16) sul luogo di lavoro, per non dimenticare i numeri menzionati in precedenza sugli omicidi e soprattutto i suicidi. 

Tuttavia rimango scettico sulla possibilità di azzerare del tutto certi crimini e soprusi, anche in un mondo in cui vi sia raggiunta una certa maturazione a livello culturale per cui la disparità di genere sia stata finalmente superata. 

L’Italia è un Paese di diverse decine di milioni di abitanti e non si può pensare di eliminare per sempre qualsiasi tipo di stortura ed abuso, anche solo statisticamente parlando. Infatti, a prescindere dal sottostante culturale, ci sarà sempre un certo numero di individui che non è in grado, per qualsivoglia motivo, di rispettare le regole della società civile. 

Più in generale, le società umane sono entità parecchio complesse e trovo abbastanza sciocco pretendere di descriverle in termini di pochi (e magari pure categorici) concetti e/o set di istruzioni. 

Quindi, IMHO, il cd patriarcato (o come preferirei dire io, la cultura maschilista) ha sicuramente tante colpe e va smantellato, ma non è l’origine di tutti i mali. 


Tutti gli uomini sono in parte o pienamente responsabili, per non dire direttamente colpevoli, di ogni femminicidio?  

Posto quindi che in Italia è ancora piuttosto comune una certa visione maschilista della società (#capitanovvio), che risposta do alla domanda che in queste ultime settimane è stata condivisa da più parti sui social (17) e sui media di informazione (minuto 16 di 18) è che è riassunta nel titolo di questo paragrafo? 

Sicuramente mi sento di escludere che “tutti” gli uomini siano “colpevoli”, una delle basi della nostra società moderna è che la colpa è individuale, ovvero di chi commette un crimine ed eventualmente di chi assiste o ne viene a conoscenza senza fare niente. 

Per quanto riguarda l’essere “responsabili”, comprendo il senso della provocazione e la posso anche accogliere, ma escludendo le parole “tutti” e “pienamente”, perché nuovamente penso che ragionare per assoluti non porti a nulla di concreto nella (sacrosanta) lotta al cd patriarcato, che è una cosa seria ed in quanto tale va perseguita con metodo! 

So benissimo che questo tipo di risposta mi rende prono ad accuse tipo #NotAllMen etc. ma in tutta sincerità non mi interessa, fintanto che ci sarà qualcuno che accusa “tutti gli uomini”, non potrò che rispondere che ad avere colpe e/o responsabilità sono “solo alcuni uomini”. 

E comunque, per amor di logica, mi sento costretto a far notare che se devo prendere per buono il fatto che “alcuni uomini possono essere ritenuti in parte responsabili di ogni femminicidio che avviene in Italia”, lo stesso si deve poter dire per “alcune donne”, perché queste stesse argomentazioni che sto usando io vengono portate avanti, talvolta con toni e conclusioni ben più categorici dei miei, anche da persone di genere femminile (19). 


Cosa posso fare io come singolo uomo? 

Infine, tornando coi piedi per terra ed evitando estremismi da un lato o dall'altro, penso che la nostra società, benché sia tra le migliori al momento esistenti, sia indubbiamente ancora imperfetta. Al suo interno ogni genere soffre le sue discriminazioni e ogni storia è ovviamente a sé, quindi ci sarà sempre il caso dell'uomo più oppresso della donna e viceversa, ma facendo uno sforzo di astrazione e cercando di dare un giudizio definitivo al netto di tutto, in Italia è ancora vero che le donne sono certamente più discriminate degli uomini. 

A mio avviso nessuna soluzione possibile può venir fuori da chi propone, in modo più o meno esplicito che sia, una contrapposizione tra i generi, ma piuttosto auspico che vi sia una collaborazione collettiva verso il bene comune, che certamente deve passare attraverso l’insegnamento del rispetto per se stessi e soprattutto degli altri. 

In questo senso, il contributo che penso di poter dare come singolo uomo è proprio quello di continuare a far notare a chi mi circonda che determinati comportamenti ed atteggiamenti fanno parte di una cultura che sarebbe anche l’ora che si togliesse dai piedi, di promuovere una narrazione che abbia come base il rispetto reciproco a prescindere dal genere, dall'orientamento sessuale, dal colore della pelle, dall'etnia, etc. e di tramandare tutto questo a mio figlio, con la speranza che le nuove generazioni facciano ancora meglio di quanto possiamo fare noi oggi! 

lunedì 13 novembre 2023

Sulla questione israelo-palestinese

A distanza di più di anno torno nuovamente sul blog per commentare dei tristi fatti di cronaca internazionale. Inizialmente avevo seriamente pensato di astenermi dal commento pubblico, ma i fatti che stanno avvenendo sono di una gravità tale e mi toccano a tal punto da impormi di esprimere un parere in questo piccolo spazio personale che mi sono ritagliato nel corso degli anni. Per quest’occasione propongo a me stesso un ritorno alle origini in termini di sintesi, sia per scarsità di tempo personale sia per mancanza di competenze sull’argomento.

La mia opinione sulla questione israelo-palestinese è grossomodo la stessa di sempre da tempo e si può riassumere nei seguenti due punti:
  • è forse per antonomasia un esempio di situazione complessa (spiace usare una parola cara ad un mio omonimo - chi vuol capire capirà), che ha originali decennali per non dire secolari, in cui se anche in principio una delle due parti aveva più ragioni dell’altra, ormai entrambe hanno commesso svariati torti e trovo sia impossibile fare una distinzione manichea tra buoni vs cattivi;
  • il più forte tra i due contendenti (i.e. Israele) avrebbe dovuto definire ed intraprendere un percorso politico che avesse come scopo quello di porre fine a questa faccenda in maniera realmente pacifica, realizzando la cd soluzione dei due Stati (1, o variazioni sul tema), facendosi aiutare da enti sovranazionali (ONU, NATO, UE, etc.) che fungessero da garante.

Per quanto concerne i fatti del 7 ottobre scorso e quello che ne è seguito, penso invece che:
  • sia doverosa un’ovvia e ferma condanna nei confronti di Hamas per l’inaccettabile atto terroristico. Sono sinceramente scioccato dall’evento in sé e non capisco quale fosse la loro reale intenzione: attirare l’ira di Netanyahu per far crollare il supporto internazionale ad Israele? Destabilizzare ulteriormente una zona già compromessa al fine di distogliere l’attenzione da altre zone calde (e.g. Ucraina) sotto mandato altrui (Russia ed Iran in primis)? Sicuramente il bene del popolo palestinese non era lo scopo dell’attacco, come non lo è d’altronde mai stato nei piani di Hamas.
  • sia altrettanto doverosa una ferma condanna della reazione di Netanyahu. Il diritto di difesa di Israele non può realizzarsi in un massacro generalizzato del popolo palestinese! Anche in questo caso mi chiedo quale sia il suo piano per il futuro (sia a breve che a più lungo termine), ammesso che ne abbia uno.
  • sia banale il fatto che entrambe le posizioni precedenti possano coesistere e, alla luce di quanto affermato più in alto, sia sempre più convinto che l'unica soluzione possibile sia che Israele si convinca a farsi aiutare da qualcuno a risolvere per davvero la situazione. La Palestina non può più essere una prigione a cielo aperto ed il popolo arabo si merita uno stato indipendente di cui abbia piena sovranità. Allo stesso tempo ci devono essere garanzie a livello internazionale per cui Israele non può essere minacciato, né sul lungo (vedasi le promesse storiche di Iran e compagnia bella) né sul breve (vedasi le piogge quotidiane di razzi dai vari vicini) termine. L’ONU ormai non può più nulla, ma l’UE e la NATO avrebbero solo che da guadagnarci, anche solo a titolo di immagine, ad ottenere la pace in quella zona di mondo, anzi, sarebbe bello che l’Occidente prendesse l’iniziativa ed in maniera compatta si facesse seriamente promotore di questa soluzione.
  • sia veramente triste e stupido che alcuni Paesi europei abbiano vietato le manifestazioni pro-Palestina nascondendosi dietro la paura di antisemitismo e terrorismo.
In conclusione, sono certo che queste posizioni siano un facile modo per farsi additare come democristiano (nel senso dispregiativo del termine) ed illuso, benché sia il primo a ritenere che sia più facile a dirsi e meno a farsi, ma sfido chiunque a dimostrarmi valide alternative per risolvere la situazione in essere...


tl;dr

Cosa pensavo prima del 7 ottobre scorso?
  • dopo così tanti decenni, se anche in principio una delle due parti aveva più ragioni dell’altra, ormai entrambe hanno commesso svariati torti per cui trovo impossibile fare una distinzione manichea tra buoni vs cattivi;
  • da tempo Israele, in quanto il più forte tra i due contendenti, avrebbe dovuto definire ed intraprendere un percorso politico che avesse come scopo quello di porre fine a questa faccenda in maniera realmente pacifica, realizzando la cd soluzione dei due Stati (o variazioni sul tema), facendosi aiutare da enti sovranazionali in grado di fungere da garanti.

Cosa penso dopo i fatti del 7 ottobre scorso e quello che ne è seguito?
  • ferma condanna dell’inaccettabile atto terroristico di Hamas;
  • ferma condanna della violentissima reazione dell’Israele di Netanyahu;
  • enorme sconforto per il divieto delle manifestazioni pro-Palestina in alcuni Paesi europei;
  • convinzione che l’Occidente si debba dare una svegliata e farsi promotore in maniera compatta e decisa della cd soluzione dei due Stati (o variazioni sul tema), perché se è vero che nel nostro pezzo di mondo si vive meglio, si cresce di più, c’è più equità, etc. in virtù degli ideali liberal-democratici che ci contraddistinguono rispetto agli altri, non possiamo più girarci dall’altro lato di fronte a certe situazioni, specialmente quando ci vedono coinvolti in maniera storicamente diretta.




lunedì 19 settembre 2022

Appello ai ragionevoli

L’appello che segue, diviso in sezioni per agevolarne la lettura, è conseguenza della caduta del governo Draghi, innescata e portata a termine da forze politiche (M5S, FI e Lega) che, date le tempistiche scelte per far venir meno la propria fiducia all’esecutivo stesso, fatico a non definire scriteriate e criminali. 

Difesa di Draghi 

Posto che Mario Draghi ha bisogno di tutto meno che una difesa del sottoscritto, dopo tanti mesi passati a leggere e ascoltare le cose più assurde, io per primo riconosco che ci siano tante cose che gli vadano giustamente criticate, tra cui:

  • l’aver assecondato troppo le follie dei partiti nel periodo autunno/inizio inverno scorsi, che hanno avuto conseguenze nella scorsa legge di bilancio, tra cui (i) non aver altamente riformato il “Superbonus” a scapito delle altre forme di agevolazioni, con le note conseguenze (1, 2), e (ii) una riforma fiscale sicuramente interessante ma assolutamente non rivoluzionaria (3); 
  • la scarsa attenzione a certe tematiche legate alla democrazia digitale (45, 6); 
  • la gestione approssimativa e pasticciata del reparto scolastico, con i soliti problemi di impostazione e comunicazione sui concorsi per nuovi docenti, sul reclutamento dei supplenti e sull’obbligo delle mascherine in aula. 

Ma, allo stesso tempo, sento la necessità di sfogarmi e ricordare che:  

  • Draghi non è diventato Presidente del Consiglio per caso, ma è stato chiamato a inizio 2021 dal Presidente della Repubblica Mattarella perché la classe politica italiana non riusciva più a mascherare i suoi fallimenti di fronte alla crisi sanitaria più grave da un secolo a questa parte. 
  • Con l’insediamento di Draghi non è certamente cambiata la composizione del Parlamento, che risultava lo stesso eletto nel 2018, ed i ministri che componevano il suo governo erano più politici che tecnici, rappresentanti peraltro di quasi tutto l’arco parlamentare. Data una tale necessità di mediazione con politici decisamente non illuminati, aspettarsi la conquista della Luna da un siffatto esecutivo era ed è sciocco e pretestuoso. 
  • Compito di Draghi non era risolvere tutti i problemi d’Italia, ma portare a termine tre obiettivi, ovvero (i) un piano vaccinale degno di un Paese che se la tira di essere nel G7, (ii) scrivere un PNNR decente per non sprecare l’enorme opportunità rappresentata dal Next Generation EU e (iii) iniziare un processo di riforme conseguente e necessario per soddisfare il punto (ii). I fatti, che son lì da vedere, dicono che Draghi è riuscito a portare a compimento (i) e (ii) e, nonostante l’ostruzionismo di alcuni ben noti partiti, ha impostato un percorso sul punto (iii). 
  • Dopo il 24 febbraio scorso, Draghi si è distinto a livello internazionale per essere un baluardo dell’europeismo, dell’atlantismo e della solidarietà occidentale nei confronti dell’Ucraina, atteggiamento che ben difficilmente ci saremmo potuti aspettare da chi lo ha preceduto, inoltre ha fatto un egregio lavoro per diminuire la nostra dipendenza dal gas russo (7). 
  • Nonostante alla crisi sanitaria, motivo principale della chiamata di Mattarella, si siano aggiunte le difficoltà economiche legate all’aumento dell’inflazione per la crescita della domanda mondiale, ulteriormente aggravate dopo l’invasione russa dell’Ucraina, i conti italiani di fine 2021 e metà 2022 sono straordinariamente in ordine (8, 9). 

In soldoni, a Draghi dovremmo riconoscere più meriti che demeriti e la caduta del suo governo in un periodo così complicato è stata la cosa peggiore che potesse capitarci, tutto il resto sono chiacchiere buone solo per chi da un anno e mezzo l’ha menato col “governo dei migliori”. 

Richiamo al pragmatismo  

Come accennato in passato (10), ormai in Italia i termini “destra” e “sinistra”, più che rappresentare degli obiettivi da perseguire, hanno assunto il ruolo di trincee all'interno delle quali ritirarsi, col risultato che tra la maggior parte degli elettori vale il ragionamento “non approverò mai la proposta X se proviene dallo schieramento Y” e viceversa, ignorando completamente che il mondo è molto più complesso di un banale sistema a compartimenti stagni! 

Non di meno, negli ultimi 2-3 decenni (probabilmente da ben prima, ma non c’ero e non mi ritengo sufficientemente informato da parlarne), i partiti che storicamente rappresentano tali schieramenti hanno completamente perso la capacità di comprendere la realtà che li circonda. 

Invece di spendere energie e sforzi per fare funzionare la macchina Italia in un mondo sempre più globalizzato (in cui è importante innovare e rimanere sulla frontiera per non restare indietro), nonché mantenere saldi i rapporti con l’Unione Europea e con le democrazie occidentali nel loro insieme (dal momento che non è più pensabile far tutto da soli come in passato, sia per la crescita sia per la difesa dei diritti conquistati dopo la seconda guerra mondiale), in media i politici italiani, chi più chi meno, predicano lo statalismo spinto quando non direttamente il rifiuto del libero mercato, si comportano da mendicanti ricattatori nei confronti dell'Europa in nome del sovranismo e dell’antiglobalizzazione e strizzano l’occhio ai nemici giurati della Democrazia. 

Infatti, ascoltando un qualunque talk-show politico, a seconda del rappresentante politico di turno, si ha l’impressione che l’Italia se la passi male per colpa dei soliti argomenti fantoccio: 

  • adesione all’Euro e/o Unione Europea, criticati da estrema sinistra ed estrema destra; 
  • la presunta invasione di immigrati, slogan caro a destra e centrodestra; 
  • il sempreverde liberismo, invocato a più riprese da sinistra e centrosinistra; 
  • la tanto condannata austerità, che mette d'accordo un po’ tutti. 

La conseguenza di tutto ciò è che il dibattito politico-economico è fossilizzato sempre sugli stessi temi, impedendo di fatto qualsiasi tipo di mediazione e generando immobilismo e confusione negli elettori, specialmente tra coloro che masticano poco di materie economiche, che sono la maggioranza! 

Pertanto, alle persone che mi leggono invoco ragionevolezza e chiedo di: 

  • riconoscere che al giorno d’oggi la Politica possa e debba essere “pragmatismo nutrito di ideali” (11), perché, se è sacrosanto diritto di ciascuno di noi credere e difendere i propri ideali di riferimento, è altrettanto sacrosanto dovere sottostare ad un vincolo di realtà – va bene essere più o meno progressisti o più o meno conservatori, ma va anche accettato che alcune ricette politiche portano inevitabilmente al disastro e, allo stesso tempo, che sono note le ricette per coniugare la crescita economica col benessere collettivo, sia esso sociale o ambientale; 
  • smettere di rifiutarsi di implementare l’approccio scientifico logico deduttivo (modo complicato per dire “ragionare”), che molti applicano per mestiere (delle persone che conosco, tra fisici, ingegneri, medici ed infermieri c’è l’imbarazzo della scelta) e/o più banalmente in molte scelte di vita quotidiana (sono certo che la maggior parte di voi per entrare in casa prima inserisce la chiave nella porta d’ingresso, poi la gira ed infine spinge senza mai invertire l’ordine delle azioni), al mondo politico-economico – ignorare le evidenze sperimentali e le conoscenze acquisite negli ultimi secoli per difendere qualsivoglia ideologia non porta a nulla di buono, piaccia o meno, infatti, l’economia è una disciplina che descrive molto bene il funzionamento delle società di cui facciamo parte, e.g. (i) da almeno un secolo è piuttosto chiaro che l’innovazione ed il progresso tecnologico (e non la spesa pubblica a pioggia!) siano motore della crescita (12, 13, 14), (ii) la crescita della produttività, che è una determinante fondamentale per la crescita di lungo periodo del reddito pro-capite, non ha nessuna relazione di lungo periodo né con la moneta, né con i deficit pubblici (se non forse tramite una diminuzione della tassazione sugli investimenti, ma la cui sostenibilità strutturale in assenza di tagli di spesa è estremamente precaria, 15), (iii) non è vero che “i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sono sempre più ricchi”, certo c’è ancora moltissimo lavoro da fare, ma il mondo ha fatto progressi immensi nei confronti della povertà ed il trend non è in peggioramento, anche durante il periodo della tanto odiata globalizzazione  (16, 17, 18, 19), (iv) la disciplina di bilancio e le politiche fiscali contro-cicliche sono le regole base per tenere in piedi uno Stato (20), (v) l’economia non è un gioco a somma zero, non serve pensionare gente a caso per assumere più giovani (21, 22), etc. 
  • smettere di insistere con le contrapposizioni ideologiche per cui, ad esempio, “la flat tax è cattiva perché è di destra” e “la patrimoniale è brutta perché è di sinistra”, nella maggior parte dei casi si tratta di meri slogan elettorali buoni solo per raccogliere consensi e tutto dipende da come le norme sono scritte ed implementate – nello specifico esempio che ho proposto, i partiti di destra cercano consensi tra i più abbienti e nella parte di autonomi che sopravvive anche grazie all’evasione, perché di fatto non propongono mai delle vere tassazioni piatte, ma meccanismi super ad hoc e distorsivi (23, 24), mentre i partiti di sinistra ciclicamente propongono di tassare maggiormente i patrimoni e/o successioni e donazioni, non per garantire in maniera strutturale servizi e garanzie ai cittadini, ma per elargire bonus e mancette cercando di ingraziarsi i giovani e accontentando chi aspetta “misure di sinistra” (25). 

Cosa serve all’Italia 

Date le premesse delle sezioni precedenti, per invertire il trend del declino italiano bisogna fare almeno le seguenti cose (già viste e riviste in passato, 26, 27, 28): 

  • blocco nominale della spesa pubblica, a causa degli sperperi passati l’Italia ha uno strettissimo spazio fiscale su cui agire ogni anno, concentriamoci sulle spese importanti (istruzione, sanità, infrastrutture, spesa sociale vera ed investimenti) ma eliminiamo in maniera graduale le tante spese superflue dello Stato; 
  • istruzione, IMHO bisognerebbe rivedere tutto da zero o quasi, per insegnare ai giovani d’oggi come essere cittadini nel mondo del domani; 
  • pensioni, sono l’elefante nella stanza, bisogna rendere sostenibile il sistema previdenziale, altrimenti la mia generazione e quella di mio figlio sono spacciate; 
  • implementare tutte le riforme necessarie per aumentare il tasso di crescita della produttività, come favorire la concorrenza e liberalizzare i mercati protetti, snellire la burocrazia e la giustizia ed adeguare il sistema bancario italiano agli standard europei; 
  • riforma della tassazione, ci vuole semplificazione dal lato di chi riscuote e giustizia per chi contribuisce, al fine anche di aiutare la lotta all’evasione fiscale; 
  • disoccupazione e assistenza sociale, il “Reddito di cittadinanza” va completamente rivisto, vanno separati i sussidi di disoccupazione, che peraltro dovrebbero riguardare tutti, non solo alcune categorie meglio tutelate di altre, dagli aiuti stile “Reddito di inclusione” col fine di agire in maniera più efficace su entrambi i fronti; 
  • energia, per raggiungere la neutralità carbonica al 2050 il nucleare va aggiunto al mix nazionale, con finanziamenti in parte pubblici e in parte privati non è impensabile aprire una prima centrale in 10 anni. 

(ovviamente condirei il tutto con un’adeguata dose di progressismo come più diritti LGBTQ+, legalizzazione della cannabis e della prostituzione, etc. che però qui non tratto perché esulano dal discorso prettamente economico-politico) 

C’è qualcuno in grado di fare ciò? 

Tra le forze politiche presenti in Italia c’è qualcuno in grado di implementare un’adeguata percentuale degli interventi riportati nella precedente lista? Analizzando l'intero spettro politico la scelta è tra: 

  • estremismi vari ed eventuali, ovviamente da questi non mi aspetto nulla dal momento che le loro idee non soddisfano il già citato vincolo di realtà 
    • estrema destra, da un lato abbiamo un mucchio di imbecilli nostalgici di una dittatura novecentesca; 
    • estrema sinistra, dall’altro c'è gente convinta che abbia ancora senso parlare di “battaglia di classe anticapitalista” (29); 
    • i Gilet Arancioni, Italexit e altri matti furiosi, LOL rido per non piangere, questi sono dei meme viventi. 
  • destra e centrodestra, da arraffoni e conservatori bigotti io non mi aspetto nulla, poi fate un po’ voi 
    • Forza Italia e Noi moderati, li metto tutti insieme tanto alla fine sempre di berlusconiani parliamo… e niente Berlusconi è quello che ha sprecato il famoso “dividendo dell’euro” mentre era impegnato a non finire in galera e che ci ha trascinato nella crisi del 2011, devo dire altro? 
    • Lega, un’accozzaglia di sovranisti, bigotti, xenofobi e putinisti, ma ehi hanno abolito la legge Fornero e hanno tagliato le accise sui carburan… ah no, non è vero, non lo hanno fatto;  
    • Fratelli d’Italia, simili Lega e, se possibile, un po’ più a destra (in tutta sincerità non credo ai recenti cambiamenti espressi dalla Meloni, 30), con l’aggiunta di un probabile ritorno di Tremonti al MEF, quindi autarchia, i micro-autonomi da difendere, condoni fiscali, indebitamento e via un nuovo 2011… yeeeeee! 
  • sinistra e centrosinistra, per formazione personale il mio punto di riferimento sarebbe la sinistra socialdemocratica progressista, stile modello nordico (31), ma coi personaggi che ci ritroviamo in Italia siamo parecchi distanti da certi standard 
    • Sinistra Italiana ed Europa Verde, questi mascherano la lotta di classe sotto un ambientalismo di facciata predicando la decrescita come soluzione al riscaldamento globale (32), inoltre hanno posizioni a dir poco discutibili sull’invasione russa dell’Ucraina (33, 34), anche no grazie; 
    • Movimento 5 Stelle, che ormai dopo il Governo Conte II è ufficialmente schierato a sinistra (35), è il partito dell’antiscienza, dell’esaltazione dell’incapacità e dell’analfabetismo, sono per il no agli OGM ed ai termovalorizzatori, ed hanno abbracciato i peggio complottismi, come quello sulla Xylella, sono maestri di incoerenza (36) ed orgogliosi di essere populisti (37), quindi direi che si squalificano da soli. 
    • Partito Democratico, in teoria avrebbero le carte in regola per fare del bene al Paese, dal momento che dichiarano di “contribuire a costruire e consolidare […] un ampio campo riformista, europeista e di centro-sinistra, operando in un rapporto organico con le principali forze socialiste, democratiche, progressiste e promuovendone l'azione comune” (38), ma nella realtà dei fatti sono una delusione continua e, da partito potenzialmente riformista, nell’ultima legislatura hanno definitivamente tolto la maschera rivelando una forte componente populista. 
  • centro, al momento, almeno a livello di slogan e macro-argomenti, qui risiedono i partiti a cui sono politicamente più affine, eppure c’è un “ma” 
    • Impegno Civico, ammetto che in alcune parti il programma sembra scritto da Draghi stesso (39), ma prima di vendersi per una persona seria, Di Maio ha molto da farsi perdonare (40, 41, 42, 43, 44, 45). 
    • +Europa, alla prima grande delusione, col fallimento della scalata alla segreteria da parte di Cappato (46), si è aggiunta la sciagurata decisione di rimanere nella coalizione di centrosinistra per le imminenti elezioni politiche, al fianco delle sopracitate angurie e Di Maio... non fa ben sperare; 
    • Azione e Italia Viva, entrambi i partiti sono guidati da personaggi che mi stanno piuttosto scomodi, infatti da un lato mi ero ripromesso di non dare più il voto a Renzi dopo le multiple delusioni passate (dal ritiro/non ritiro dalla Politica alle consulenze svolte in Arabia Saudita) e dall’altro ammetto candidamente che Calenda non mi ha mai convinto (è una specie di Renzi wannabe che cerca continuamente di raccogliere voti sparando nel mucchio a destra e a sinistra), inoltre i suoi recenti acquisti non sono affatto ciò che speravo (avrei decisamente preferito Cottarelli al duo Carfagna-Gelmini)… ma allo stesso tempo riconosco che entrambi sono accompagnati da personaggi dall’indubbia competenza e capacità (Marattin, Pastorella, Zollino, etc.) che possono controbilanciare i loro “contro”. 

Che fare quindi? 

Ad essere del tutto onesti e rigorosi, in Italia non esiste una forza politica, che Boldrin chiamerebbe un “partito immoderato di centro” (47), che voglia attuare per intero un programma come quello elencato due sezioni sopra. 

Al momento, la cosa che più ci si avvicina è il progetto partorito da Renzi e Calenda conosciuto coi nomi di “Terzo polo”, “Italia, sul serio” e “Renew Europe Italia” e, citando nuovamente Boldrin, con lui concordo su due cose (48, 49): 

  • il programma proposto non è affatto orribile ma non è nemmeno quello dei sogni, “metà del programma è ragionevole, metà è populismo puro generico, nazionale-popolare”; 
  • il motivo per cui il programma non è così incisivo “è l’effetto del voler parlare a tutti”, del non voler riconoscere che per dare un futuro migliore all’Italia ai debbano fare cose che, oggigiorno, sono di fatto impopolari perché non piacciono alla maggioranza degli elettori. 

Da qui in poi, però, divergo dalle conseguenze che ne trae Boldrin e non appoggio la sua storica battaglia per cui non valga la pena votare il “meno peggio” (50, 51). 

Intendiamoci, riconosco certamente che decenni passati a votare il “meno peggio” non abbiano alzato il livello dell’offerta politica ed anzi ci abbiano consegnato un’Italia governata da Conte, Di Maio e Salvini e, probabilmente, a breve dalla Meloni, ma riconosco anche che (52, 53, 54): 

  • “l’astensione, certamente, è una prospettiva affascinante, perché lascia intonso l’orgoglio e ci legittima a criticare chiunque con identico qualunquistico distacco”, ma risulta anche un atteggiamento un po’ troppo comodo, perché consente di tirarsi fuori dal discorso in qualunque momento con l’idea di aver sempre ragione anche se non si è contribuito del tutto a cambiar le cose; 
  • è tutto da dimostrare che il non voto di protesta dia un segnale alla classe dirigente tale da farle cambiare atteggiamento ed argomenti di discussione, più realisticamente quello che accade è di delegare agli altri (che in maggioranza votano spazzatura, ahimè) la decisione su chi e come dirigerà il Paese; 
  • il programma proposto da Azione ed Italia Viva è il più serio tra quelli presentati a questa tornata elettorale  (quantomeno l’analisi fatta nella premessa è realistica ed intellettualmente onesta, 55) ed è una buona base di partenza per una battaglia di lungo periodo, inoltre l’annuncio di voler costruzione un soggetto politico autonomo dopo le elezioni (56), pur accompagnato da una buona dose di scetticismo (date le circostanze posso tollerare l’aver imbarcato chiunque a bordo del progetto, ma per preservare un minimo di serietà questa cosa non dovrà accadere in futuro), fa ben sperare e merita un po’ di fiducia. 

In definitiva, pur con tutte le riserve e lo scetticismo sopra indicati, voterò per il Terzo polo perché: 

  • per una volta non si tratterebbe di votare il “meno peggio” in nome del tradizionale ricatto morale “altrimenti vincono quelli che sfasciano tutto” ma potrebbe risultare un voto davvero utile al Paese; 
  • con la speranza che facciano un discreto risultato alle imminenti elezioni, possa finalmente nascere un valido partito di centro che sia pragmatico, progressista e liberale ed in cui io abbia la speranza di riconoscermi. 

Per concludere, a Carlo e Matteo chiedo sinceramente, “ragazzi, non sprecate quest’occasione e… in bocca al lupo!!” 


tl;dr  

A tutte le persone che mi leggono, chiedo di essere ragionevoli e di riconoscere i seguenti fatti:

  • Alla faccia di chi per un anno e mezzo l’ha menato col “governo dei migliori”, a Draghi dovremmo riconoscere più meriti che demeriti e la caduta del suo governo in un periodo così complicato è stata la cosa peggiore che potesse capitarci. 
  • Insistere con le contrapposizioni ideologiche è controproducente, il mondo è molto più complesso della banale divisione destra vs sinistra, al giorno d’oggi la Politica può e deve essere “pragmatismo nutrito di ideali”, quindi ben venga la difesa dei propri principi guida ma è fondamentale sottostare ad un vincolo di realtà. 
  • Ignorare le evidenze sperimentali e le conoscenze acquisite negli ultimi secoli in campo economico per difendere qualsivoglia ideologia non porta a nulla di buono, e.g. (i) l’innovazione ed il progresso tecnologico (e non la spesa pubblica a pioggia!) sono motore della crescita, (ii) la crescita della produttività, determinante fondamentale per la crescita dei salari, non ha nessuna relazione di lungo periodo né con la moneta, né con i deficit pubblici, (iii) non è vero che “i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sono sempre più ricchi”, (iv) la disciplina di bilancio e le politiche fiscali contro-cicliche sono le regole base per tenere in piedi uno Stato, (v) l’economia non è un gioco a somma zero, non serve pensionare gente a caso per assumere più giovani, etc. 
  • L’Italia ha intrapreso da decenni un percorso di declino la cui inversione necessita come minimo di (i) stop alla spesa pubblica senza freni, (ii) stabilizzazione del sistema previdenziale, (iii) serie riforme della scuola pubblica, del mercato del lavoro e della tassazione, (iv) tutte le riforme necessarie per fare crescere la produttività, (v) serio piano per la decarbonizzazione. 
  • I partiti tradizionali hanno completamente perso la capacità di comprendere la realtà che li circonda, farfugliano sciocchezze sull’immigrazione, sull’euro, la globalizzazione ed il liberismo e nell’attuale panorama politico non c’è quasi nessuno in grado di implementare ciò di cui ha bisogno l’Italia. Dai partiti di destra non ci si può aspettare nulla di buono, a meno di essere bigotti conservatori, un po’ xenofobi, decisamente pro-statalisti e magari con qualche simpatia per Putin. Dai pentastellati ci mancherebbe, sono un branco di avventurieri che ha vinto la lotteria diventando parlamentari. A sinistra, lasciando da parte le follie di chi ancora si professa comunista, il PD avrebbe pure le carte in regola per fare qualcosa di buono, ma è una delusione continua e da partito potenzialmente riformista ha definitivamente tolto la maschera mostrandosi anch’esso populista. 

In definitiva, che resta da fare? Pur con tutte le riserve sui due leader di riferimento (Renzi è stato una delusione continua e Calenda non mi ha mai detto granché), il Terzo polo è l’unica forza politica che ha proposto un programma decente, quasi del tutto privo di sparate populiste. 

Certo non rappresentano il partito dei miei sogni, ma mettendo tutto sui piatti della bilancia, al momento loro sono gli unici che meritano la mia fiducia. 

#TerzoPolo #ItaliaSulSerio #RenewEuropeItalia