lunedì 11 marzo 2019

Quando c’era la Lira

Premessa: anche oggi non ce l’ho fatta a stare nel limite che mi sono imposto, ma sapete com’è, scrivere è come mangiare e “l’appetito vien mangiando”…

La scorsa settimana (1) ho citato uno “studio” secondo il quale l’Euro avrebbe fortemente penalizzato l’economia italiana in favore di quella tedesca, l’implicazione di fondo di chi usa questi “studi” per pubblicizzare le proprie tesi sovraniste è che se avessimo ancora la Lira staremmo tutti meglio…

Siccome sembra difficile* dare una risposta univoca alla domanda “come sarebbe andata se non avessimo introdotto l’Euro?”, oggi vorrei raccontare qualche fatto di storia vissuta che dimostrano come, anche i tempi della Lira sovrana, non andasse tutto liscio…

Per farlo dobbiamo tornare indietro di 70 anni: dal secondo dopoguerra fino agli anni ’60 avvenne quello che nel linguaggio comune viene indicato come “miracolo economico italiano”, un periodo caratterizzato da una forte crescita economica dovuto ad una rapida industrializzazione, all'introduzione di nuove tecnologie importate dai Paesi più avanzati e (va ricordato) una bassa retribuzione dei lavoratori a fronte della loro alta produttività…

Questo boom economico si è progressivamente arrestato a causa di alcuni fattori:
  • crescita prezzi materie prime; i ben noti shock petroliferi colpirono in maniera forte Paesi energeticamente poco indipendenti come il nostro
  • cambiamento tecnologico che arrivava dall’esterno; l’idea, che si stava diffondendo un po’ ovunque, che ricerca e sviluppo siano ingredienti importanti per una sana crescita economica fece poca presa in Italia
  • crescita salariale senza crescita di produttività; dal lato sindacale le battaglie sulla crescita salariale, che inizialmente erano più che legittime, diventarono sempre più forti, al limite insostenibili, quando la richiesta salariale pareggiò (e/o superò) la produttività, dal lato imprenditoriale vi fu, in buona parte, un’incapacità di affrontare questo problema, la cui unica soluzione intelligente è “innovazione volta ad aumentare la produttività”

Come furono affrontati questi temi dalla Politica di allora?

I primi due punti, come si può facilmente intuire guardandosi attorno nel panorama italiano, non sono mai stati risolti: ancora oggi nel dibattito pubblico, diamo troppo poco peso alla nostra scarsissima indipendenza energetica ed ai bassi investimenti, pubblici e privati, in ambito di ricerca e sviluppo…

Sul terzo punto si scelse una strategia costituita da un mix di sussidi statali alle imprese in difficoltà e di svalutazioni della valuta: a lungo termine i risultati di questa strategia furono un forte indebitamento dello Stato ed un indebolimento della Lira nei confronti delle altre valute…

Per quanto concerne il primo aspetto il meccanismo è ovvio: se si tengono artificialmente in piedi delle aziende non produttive il PIL cresce più lentamente del debito accumulato durante il processo stesso, facendo esplodere l’infausto rapporto debito/PIL  

Per quanto riguarda il secondo aspetto, la svalutazione agisce come una sorta di “droga” nel breve termine, favorendo le esportazioni**, ma ha delle gravi controindicazioni:
  • non aumenta in modo strutturale la competitività, perché non è che svalutando diventi più bravo, semplicemente per gli altri i tuoi prodotti costano un po’ meno rispetto a prima, ma appena sbuca fuori qualcun altro più competitivo di te (= prezzo più basso a parità di qualità) sei costretto a svalutare di nuovo…questo processo non può funzionare all’infinito, infatti con l’ingresso dei Paesi emergenti nel mercato globale non c’è stata più storia!
  • riduce i salari reali interni, dal momento che tutto ciò che si importa (materie prime incluse!) costa di più
  • indebolisce la propria moneta, a questo proposito sono costretto a ricordare che durante l’Italia degli anni ’70, in costante crisi di bilancia dei pagamenti, andasse in giro per il mondo ad elemosinare prestiti praticamente da chiunque (FMI e Germania in primis, 2), alla faccia della sovranità tanto osannata dagli anti-Euro

Ciò posto, spero di aver fatto comprendere, ancora una volta, come le strategie del passato ci abbiano consegnato un Paese con una crescita del PIL asfittica ed un debito pubblico enorme, sotto il cui peso sarebbe crollato se non avesse adottato l’Euro e, almeno per qualche anno post Maastricht, alcune politiche di disciplina di bilancio…

PS: ovviamente una seria analisi ex post deve ricordare che la situazione italiana in quel periodo non fosse affatto semplice da gestire, vi era una forte paura dei legami tra Unione Sovietica e Partito Comunista Italiano, le tensioni sociali erano mooooolto più violente di quelle odierne e gli atti di terrorismo interno (rosso e non) erano frequenti…ciononostante, come detto più volte, non posso esimermi dal rinfacciare ai governi dell’epoca*** la decisione di aver evitato di intervenire seriamente dove occorresse, cercando, in nome di una pace sociale da molti rivendicata, di accontentare tutti, regalando prebende a destra e a manca…


* in realtà, se si guardano correttamente le variabili economiche che descrivono un Paese, NON ci sono dubbi sul fatto che sia stato meglio per noi entrare a far parte del Mercato Unico e dell’Euro…certo, nessuno sano di mente nega che ci sia ancora molto lavoro da fare in Europa, ma non riconoscere che l’Italia non cresce a causa di tutte le magagne interne di cui soffre da tempo è follia e/o malafede!

** questo peraltro non è più vero nel mondo odierno in cui la struttura del commercio internazionale ed il fenomeno delle cosiddette catene del valore hanno cambiato il modo in cui i movimenti del tasso di cambio influenzano il commercio internazionale, indebolendo l’effetto espansivo, che già di per sé è breve, delle svalutazioni (3, 4)

*** per lo meno per quelli in buona fede, per i delinquenti conclamati, già giudicati dalla Storia, non posso che usare parole di condanna


tl;dr:

Siccome, affianco ai fenomeni di euroscetticismo, si accompagnano espressioni come “quando c’era la Lira si stava meglio” e “se solo potessimo tornare indietro”, vediamo di ricordare un po’ come si stava ai tempi della Lira sovrana…

Dal secondo dopoguerra fino agli anni ’60 eravamo una specie di Cina del Mediterraneo: rapida industrializzazione e forte crescita economica a scap diritti dei lavoratori…

Poi abbiamo subito grandi shock, riassumibili in:
  • aumento prezzi materie prime, che ci colpì duramente, a causa della nostra scarsa indipendenza energetica
  • rifiuto del cambio tecnologico, ancora oggi paghiamo il fatto di investire pochissimo, sia a livello pubblico che privato, in formazione, ricerca e sviluppo
  • crescita salariale senza crescita di produttività, c’è una responsabilità condivisa tra sindacati e classe imprenditoriale, i primi, pur partendo da richieste più che legittime, non si resero conto che “bisogna mungere la vacca senza ammazzarla”, i secondi, per buona parte, invece di rispondere alle richieste investendo in innovazione, bussarono la porta allo Stato

La Politica dell’epoca fu incapace di risolvere i conflitti appena citati e, complici una grande paura della “vicinanza” al mondo sovietico, gli atti di terrorismo interno molto frequenti e le forti tensioni sociali, cercò di accontentare tutti…per farlo adottò una strategia di “salviamo capra e cavoli” (=indebitamento) e svalutiamo (=indebolire la Lira)!

Il risultato è che da esser la Cina siamo diventati come l’Argentina…alla soglia del terzo millennio infatti, ci è stato consegnato un Paese con una valuta debole, una crescita del PIL asfittica ed un debito pubblico enorme, che ha avuto la fortuna di poter saltare su una scialuppa di salvataggio chiamata “Euro”, che da vent’anni lo trascina, pur a ritmi ridicoli, con sé…

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